mercoledì 6 febbraio 2008

No-Vat: dicono di noi...



Articolo de Il Manifesto sul prossimo No-Vat, da Gay News.

IL RITORNO DEI NO VAT
Legge 194 e libertà di scelta, sabato a Roma corteo contro le ingerenze vaticane. Mentre infuria la polemica sull'aborto. La Cgil: una discussione pericolosa.

Roma - Ad aprire saranno donne e lesbiche, il concetto sarà «autodeterminazione». Quelli di «no Vat», che sulla strategia politica della Chiesa riflettono con sistematicità ormai da tre anni, lo avevano capito prima: «Quest'anno il tema centrale da mettere in evidenza nella nostra manifestazione nazionale - dice Graziella Bertotto - ci sembrava dovesse essere l'attacco alle donne, quanto l'anno scorso quello all'omosessualità». Dunque la crescente protesta - e preoccupazione - contro l'attacco alla 194 e alle libere scelte delle donne avrà anche una sua piazza: i no Vat danno appuntamento per sabato alle 14 a piazzale Ostiense. «Ovviamente i contenuti ci sono tutti - precisa Bertotto - tutti quelli che abbiamo elaborato in questi anni, la laicità, l'antifascismo, il tentativo da parte della Chiesa di incidere anche sul sistema del welfare: lo Stato arriva solo laddove non arriva la famiglia».
Ma è chiaro che in questo momento di transizione politica piuttosto delicato il documento delle quattro università romane ha aperto una breccia pericolosa e ambigua sul diritto delle donne a non avere un figlio. Si è cominciato parlando della possibilità di far vivere feti partoriti prematuramente, e si è arrivati a parlare della possibilità di rianimare feti abortiti. Una discussione «ambigua e pericolosa» la definisce la Cgil, che si rallegra per «l'avanzamento della ricerca medica che permette di salvare i neonati anche a stadi della gravidanza meno avanzati rispetto al passato», ma mette in guardia dal «sostenere l'esigenza di tentare di rianimare sempre e comunque il feto, anche dopo un aborto terapeutico e anche in palese contrasto con il volere della madre». Il punto è tutto qui.
Ma si vuole spostare il dibattito. Verso più ineffabili e scivolosissime vette, come il piddista Peppino Caldarola: «La Cei, la Binetti e alcuni laici devoti stanno cercando di mettere in luce quella parte della 194 che appare poco applicata o non sufficientemente valorizzata», scrive nel suo blog. E i laici, a suo avviso, tacciono oppure gridano «all'aggressione clericale». Invece, consiglia Caldarola, «il Papa ha ragione a mettersi dalla parte della vita. Tocca a noi laici ricominciare a ragionare sulla vita in modo aperto». Eppure nel variegato mondo del Partito democratico c'è anche chi, come la senatrice Vittoria Franco osserva: «Sostenere la legittimità di fare a meno del consenso della madre sempre e comunque a me sembra un primo passo verso lo svuotamento del principio fondamentale della legge 194, la maternità responsabile e consapevole». E mentre la ministra della salute uscente Livia Turco invita anche le donne immigrate «a prendere voce e fare qualcosa» per difendere la 194 «a cui sono affezionata», le posizioni più chiare sul dibattito scatenato dal documento dei ginecologi romani arrivano dalla Sinistra Arcobaleno e dai Radicali («non siamo assassine», ha chiarito ieri la ministra alle Politiche comunitarie Emma Bonino al Tg1). «Quel documento rientra in una concezione astratta della vita in quanto tale - dichiara la senatrice Maria Luisa Boccia del Prc - ma contraddice le modalità stesse con cui la medicina affronta le problematiche della nascita e della morte. Non coinvolgere infatti i genitori rivela una insensibilità sul piano umano ed etico e contraddice gli stessi principi giuridici che prevedono la responsabilità genitoriale e la necessità del consenso per evitare ogni accanimento terapeutico. Scienziati, medici, bioeticisti vogliono sostituirsi alle madri, rendere le donne senza voce. Quando le donne parlano a partire da sé non vengono ascoltate, le riflessioni delle femministe vengono comunque ignorate. Non da ora siamo impegnate a prendere parola nella sfera pubblica, scegliendo però noi le pratiche e i modi con cui farlo». Da che parte tira il vento di chi, a destra e a sinistra, parla della vita con la testa rivolta al Vaticano, lo spiega Rita Munizzi del Movimento italiano gentiori: «Occorre ricordare che se una madre ha deciso di abortire, non può poi accampare ancora diritti sulla vita o sulla morte del feto nel caso in cui questo si possa ancora salvare». ci. gu.

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