lunedì 4 febbraio 2008

Segni dei tempi

Buon segno...



SIT-IN DI APPARTENENTI A SINDACATI E ASSOCIAZIONI
Aborto, proteste al convegno
A Cassino contestati Ferrara e Binetti, schieratisi a favore del documento dei medici sui feti. da Corriere.it

CASSINO (FROSINONE) - Contestati a Cassino al grido «vergogna, vergogna» da attivisti favorevoli alla legge 194 sull'aborto, la senatrice del Pd Paola Binetti ed il direttore de Il Foglio Giuliano Ferrara si sono schierati a favore del documento firmato dai ginecologi di quattro università romane che impegna a «rianimare prematuri estremi». La contestazione è scattata mentre Binetti e Ferrara stavano entrando nella sala conferenze dell'aula Pacis dell'università di Cassino per un convegno organizzato dalla diocesi della cittadina nel frusinate in occasione della trentesima giornata per la vita. Gli slogan sono stati urlati da una sessantina di persone che partecipavano ad un sit-in della Cgil, della Uil e delle associazioni Facciamo Breccia ed «Arcobaleno» e «Clr di Roma» a sostegno della legge 194, organizzato fuori della sala in cui si doveva svolgere la conferenza.
IL DOCUMENTO - Parlando del documento firmato nella capitale, Ferrara ha detto che «ognuno ha diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale. Questa è la moratoria: è uno scandalo che faccia notizia il documento di Roma. È normale, invece, che non dovrebbe essere così. Se fa notizia vuol dire che qualcosa non và. Si discute se bisogna usare la parola omicidio o meno». «Ogni vita ha un valore assoluto e irrinunciabile - ha detto la senatrice Binetti - il diritto di essere nato dà il diritto di essere rianimato e si chiede al Parlamento di assumere una condizione diversa della 194. La vita è un diritto universale di tutti». «Molte donne - ha aggiunto - abortivano in condizioni di mancata sicurezza e la legge sull'aborto fu varata trent'anni fa per fare ordine su questo contesto, ma ciò non toglie che la vita è un valore preziosissimo». Per l'abate di Montecassino Don Pietro Vittorelli «chi non è aperto alla vita non ha speranza». «Plaudo al documento firmato dai ginecologi e noi uomini e donne ricche di speranza vogliamo con fede incrollabile rimanere aperti alla vita. Che cosa significa servire la vita? Significa riconoscere la vita umana come un valore che sovrasta ciascuno di noi, che viene molto prima di noi e che non andrà ben oltre noi».

--------------------------------------------------------------

Abolito il divieto di velo nelle università, protestano in centomila.
da Il Gazzettino

ANKARA -Circa centomila persone, in buona parte donne di ogni età, hanno protestato ieri nella capitale della Turchia, contro il progetto del governo filoislamico di abrogare il divieto del velo femminile per le studentesse universitarie. Analoghe manifestazioni, tutte convocate dalle organizzazioni femminili laiche, si sono svolte in altre 17 città della Turchia. La manifestazione di Ankara, svoltasi nei pressi del Mausoleo del fondatore della repubblica, Kemal Ataturk, ha visto la partecipazione di oltre 50 organizzazioni non governative laiche che temono una futura progressiva completa liberalizzazione (e cioè anche negli edifici pubblici, comprese le scuole medie e i licei) del velo islamico (turban) femminile, da esse considerato un simbolo politico antilaico e di discriminazione antifemminile, e che temono anche un graduale scivolamento della Turchia in una Repubblica islamica. «La Turchia è laica e lo rimarrà», «siamo tutti soldati di Ataturk», «le vie della Turchia sono chiuse alla sharia», hanno scandito i manifestanti, sventolando migliaia di bandiere turche e ostentando fotografie di Ataturk, il generale che fondò nel 1923 la Repubblica turca su basi rigidamente laiche.
La prossima settimana un emendamento costituzionale, già approvato in commissione, che liberalizzerebbe ilturban nelle Università, dovrebbe essere approvato in seduta plenaria in Parlamento con l'appoggio dei 340 deputati del partito filoislamico al governo Akp e dei 70 deputati del partito nazionalista turco. Il mondo laico turco, con in testa i rettori universitari e le alte magistrature repubblicane, ha espresso una netta contrarietà alla liberalizzazione, sia pure limitata alle Università, del velo , mentre i militari, pur ribadendo che le loro opinioni (contrarie, ndr) in merito «sono ampiamente note», mantengono un rigoroso e sibillino silenzio, variamente interpretato dai commentatori. Il governo turco ed il partito di governo Akp, entrambi capeggiati dall'attuale premier Tayyip Erdogan, negano di avere motivazioni e obiettivi religiosi ed hanno impostato la liberalizzazione del turban sul piano delle «libertà di abbigliamento e di espressione». I ministro degli esteri Ali Babacan ha affermato che la liberalizzazione delturban nelle Università (pubbliche e private) «risponde all'esigenza di armonizzare la Turchia con i criteri di libertà richiesti dall'Unione europea». Ma i laici turchi sostengono, invece, che essa sia solo «un primo passo non verso l'Ue, ma verso l'Iran o la Malaysia».

----------------------------------------------------------------


GB: Gli Scout denunciati: il motto discrimina gli atei.
da Peace Reporter

La commissione per le pari opportunità britannica ha denunciato l'associazione Scout per discriminazione nei confronti degli atei. La Humanist Association e la National Secular Society sono indignate poichè gli Scout si rifiutano di cancellare dal loro motto la frase "fare il mio dovere al cospetto di Dio". Un membro degli Scout, Stephen Peck, ha subito replicato al Daily telegraph che i giovani Scout vengono aiutati a comprendere la loro spiritualità. Ma il presidente della National Secular Society ha risposto dicendo che due terzi degli adolescenti si definisce non religioso, e l'unico modo per entrare negli Scout è mentire. Il motto degli Scout recita: sul mio onore prometto che farò del mio meglio, il mio dovere al cospetto di Dio e della Regina, per aiutare altre persone e rispettare la legge degli Scout.

-------------------------------------------------------------

brutto segno...

Milano, esplode ordigno rudimentale alla moschea in via Quaranta.

Portavoce istituto viale Jenner: "Provocazioni alimentate dall'odio"
da Repubblica.it

MILANO - Ancora un attentato a una moschea. Questa volta è stata presa di mira quella di via Quaranta a Milano, dove aveva sede la scuola islamica al centro di un'aspra polemica con le istituzioni e dove in passato aveva anche predicato Abu Omar, l'imam ritenuto un terrorista e rapito il 17 febbraio 2003 da agenti della Cia e dei servizi segreti italiani.
La scorsa notte tra l'una e l'una e mezza in via Passo Pordoi, dove c'è l'ingresso principale riservato agli uomini della moschea, è esploso parzialmente un ordigno rudimentale piazzato tra le inferriate e il doppio vetro di una porta finestra che dà sulla strada e che porta in una stanza del seminterrato. L'attentato è stato rivendicato nel pomeriggio, attorno alle 17.30, con una telefonata di un uomo alla redazione del quotidiano Il Giornale diretto da Mario Giordano. Si è trattato di una chiamata molto breve, nella quale non è stata nominata alcuna sigla.
Dai primi accertamenti la manifattura artigianale ha fatto sì che solo uno dei vari candelotti di esplosivo, che componevano l'ordigno, prendesse fuoco. Alcuni testimoni, come una donna che abita lì vicino, hanno sentito il rumore dell'esplosione ma senza dare particolare perso alla cosa. Invece oggi il responsabile Ali Sharif, arrivato verso le 14 in moschea ha trovato uno strano sacchetto semi bruciato e ha avvertito le forze dell'ordine. Subito sono arrivati Digos e artificieri che hanno transennato la strada privata che fa angolo con via Quaranta e hanno fatto i rilievi per appurare la natura dell'attentato.
Secondo i primi accertamenti - l'inchiesta verrà condotta dal pool antiterrorismo della Procura - l'episodio è da ascrivere a fenomeni di intolleranza e discriminazione."Siamo molto dispiaciuti - ha detto Sharif - siamo brava gente, vogliamo andare d'accordo con tutti e siamo per la pace".
"Questi sono i risultati di una campagna razzista e anti-islamica e di odio nei nostri confronti che va avanti da anni", ha commentato Abdel Hamid Shaari, portavoce del Centro culturale islamico di viale Jenner dove, in un garage, ha sede la moschea milanese più frequentata. Shaari che ha ricordato la lunga serie di attentati che si sono susseguiti da quelli della scorsa primavera alla sedi milanesi dell'Islamic Relief e del Coreis, a quelli contro le moschee di Segrate, Abbiategrasso e Brescia, ha precisato:"Anche se per fortuna non hanno fatto gravi danni, stanno cercando di provocare la comunità islamica per ottenere una reazione. Noi faremo di tutto per tenere i nervi saldi e non rispondere. Chiediamo, però, alle persone che cercano il dialogo e alle organizzazioni democratiche la solidarietà contro queste provocazioni continue alimentate solo dall'odio".

(3 febbraio 2008)

Nessun commento: