lunedì 31 marzo 2008

Veglia per le vittime dell'omofobia



Il movimento Noi siamo Chiesa segnala anche quest'anno le veglie per le vittime dell'omofobia. A rimarcare ancora che credente non vuol dire sempre razzista e assolutista.

In molti -scrivono- si sono domandati perché quest’anno le veglie per le vittime dell’omofobia avranno luogo il 4 aprile invece che in qualche altra data apparentemente più significativa. Nel 2007 avevamo scelto il 28 giugno, giorno della rivolta di Stonewall e punto di partenza del movimento omosessuale.
Abbiamo scelto quest’anno la data del 4 aprile perchè, oltre a non andare a disturbare le festività religiose delle varie chiese, ci permette di commemorare due avvenimenti importanti.
Vogliamo ricordare così che il 3 aprile dello scorso anno si suicidava Matteo, un ragazzo torinese di sedici anni che presto è diventato il simbolo del bullismo e della discriminazione omofobia. Il suo suicidio sconvolse l’Italia e diede la scossa a tanti credenti, omosessuali e non, che realizzarono nel 2007, per la prima volta, le veglie per le vittime dell’omofobia.
Inoltre abbiamo scelto questa data perché il 4 aprile 1968 (quindi esattamente 40 anni fa) veniva assassinato a Memphis (USA) il pastore battista Martin Luther King, protagonista e ispiratore delle lotte non violente per i diritti civili delle persone afro-americane e di tutte le minoranze.
Coretta King, moglie di Martin Luther King, scomparsa nel 2006, ribatteva a chi si scandalizzava per la sua campagna contro l’omofobia:
“Continuo a sentire gente che mi dice che non dovrei parlare dei diritti di gay e lesbiche, ma solo attenermi alla questione della giustizia razziale. Io esorto caldamente queste persone a ricordare che Martin Luther King ha detto: «Qualsiasi forma di ingiustizia è una minaccia per qualsiasi forma di giustizia»”.
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Perché nacquero le veglie ecumeniche per le vittime dell’omofobia.
Testimonianza del gruppo Kairòs di Firenze.

Nel 2007, nei giorni in cui si celebravano le esequie del giovane Matteo, morto suicida a seguito delle angherie omofobe dei suoi compagni di scuola, un gruppo di credenti omosessuali sconvolto da questa assurda tragedia lanciava l’idea di dar vita a una veglia in memoria di tutte le vittime dell’omofobia chiedendosi “possibile che i nostri pastori cattolici, solitamente così loquaci in tema di omosessualità, non avessero per lui una parola? Possibile che le insulse Preghiere dei Fedeli lette durante le Celebrazioni Eucaristiche cattoliche non formulino mai per noi un solo pensiero?”. Nascevano così nel 2007 le veglie ecumeniche per le vittime dell’omofobia. Ma ricordiamo insieme quei momenti…
Fra i molti “mea culpa” pronunciati da Giovanni Paolo II nel corso del suo pontificato, colpisce che la Chiesa cattolica non abbia mai chiesto perdono per gli eccessi nella lotta anti-modernista e per le persecuzioni contro gli omosessuali.
Si tratta di silenzi non casuali, poiché proprio su questi due terreni – l’omosessualità e il confronto con la modernità – la Chiesa cattolica dimostra da tempo una miopia che, per quanto ormai notoria, non cessa di sconfortarci.
Se ormai sono lontani i tempi in cui Pio V, pontefice dai brillanti trascorsi d’inquisitore, illuminava le notti romane con i roghi di decine di sodomiti, non per questo l’omofobia ha cessato di essere causa di derisione, di sofferenze e, in alcuni casi, di morte.
Non occorre menzionare la situazione dei nostri fratelli egiziani, iraniani o dell’Arabia Saudita. Né, per restare in Europa, guardare alla Polonia o alla Bielorussia.
E’ sufficiente sfogliare le pagine de La Stampa di Torino, dove è potuto accadere che un adolescente di 16 anni si sia tolto la vita a seguito delle molestie che riceveva a causa della sua presunta omosessualità.
Proprio nei giorni in cui si celebravano le esequie del giovane Matteo, avvenute mentre mons. Bagnasco si lanciava in spericolate quanto sorprendenti esternazioni, noi ragazzi del gruppo Kairòs (omosessuali cristiani di Firenze) ci trovavamo in una piccola chiesa del centro storico della nostra città a pregare anche per quel giovane. Ed a porci alcune domande.
Possibile che i nostri pastori cattolici, solitamente così loquaci in tema di omosessualità, non avessero per lui una parola? Possibile che le insulse Preghiere dei Fedeli lette durante le Celebrazioni Eucaristiche cattoliche non formulino mai per noi un solo pensiero? Pregare perché le mèssi maturino al sole mentre accadono simili fatti è semplicemente inutile.
E una preghiera inutile è una preghiera che è segno, oltre che di poca fede, di tanta viltà.
E così abbiamo deciso di ritrovarci il 28 giugno 2007 nella Chiesa Evangelica Valdese di Firenze per una veglia di preghiera ecumenica per le vittime dell’omofobia con ministri di diverse confessioni religiose e rappresentanti di vari gruppi e movimenti cristiani giunti da tutta Italia.
La data simbolica del 28 giugno (a ricordo della rivolta di Stonewall) sarà un momento di comunione tra i gruppi di credenti italiani e di fratellanza tra cattolici e non cattolici, oltre che un momento di testimonianza.
Non è un’iniziativa che si pone in alternativa al Gay Pride, non vuole e non può essere un “Pride cristiano”, dal momento che i cristiani che lo desiderano parteciperanno assieme ai non cristiani, come sempre hanno fatto, al Pride romano.
Si tratta piuttosto di una preghiera recitata ad alta voce in un luogo di culto; una “Liturgia della Parola” in cui la parola tenterà di esprimere qualcosa di significante.
Non ricerca una visibilità forzata e non vuole dar voce a noi, ma a persone che la propria voce non han potuto, o non possono, farla sentire.
Ecco perché chiediamo a tutti i credenti e alle persone di buona volontà, ai rappresentanti dei gruppi o movimenti organizzati di credenti di pregare con noi.
E se, a parte Cristo, resteranno parole inascoltate, sarà già una novità se su questo tema in una chiesa saremo riusciti a non pronunciare alcuna parola inutile.

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