giovedì 14 febbraio 2008

Obiettiamo gli obiettori!



Sulla furia reazionaria, ipocritamente pro-vita, antifemminista (o proprio misogina) scatenata dall'impresentabile corteo di vescovi (maschi), 'atei devoti' (maschi) e politicanti pseudocattolici (quasi tutti maschi) ficcanaso sfociata nell'incredibile episodio di Napoli, si registra, per fortuna, una raffica di interventi di tono indignato sulla stampa e sul web. Cominciamo, selezionando, da Giorgia Fracca, operatrice sociale, da EPolis:

Aborto: donne alla gogna per pochi voti

Berlusconi in occasione del suo ritorno a "Porta a Porta" ha menzionato gli obbrobri del comunismo.
Uno dei veri obbrobri del comunismo russo furono i tribunali morali. Erano delle commissioni che analizzavano pubblicamente le ragioni di una donna che chiedeva l’aborto. Una sorta di gogna il cui vero scopo era accertarsi che al dolore profondo dell’anima di una donna costretta ad abortire si aggiungesse il dolore sociale dell’umiliazione. Due giorni fa a Napoli è successo qualcosa di simile. È bastata una telefonata anonima perché medici e degenti fossero trattati alla stregua di pericolosi criminali. La donna che aveva scelto di non mettere al mondo un bambino che sarebbe nato gravemente malformato è stata sottoposta ad interrogatorio appena uscita dalla sala operatoria, senza alcuna compassione per il suo stato fisico e psicologico. Solo pochi mesi fa una situazione simile sarebbe stata impensabile. Ma la legge 194, che ha consentito di ridurre notevolmente il numero degli aborti legali ed ha cancellato l’orrore degli aborti clandestini, oggi è al centro di una campagna ideologica portata avanti da falsi moralisti: gli stessi pluridivorziati senza pudore che sfilarono al family day si fanno ora strenui paladini del movimento antiabortista. L’attacco all’aborto è diventato il cavallo di battaglia di chi, in mancanza di proposte politiche serie, mira a strattonare la coscienza degli elettori; politicanti senza scrupoli
pronti a riportare le donne nel medioevo per raccogliere qualche manciata di voti.

Poi Francesco Merlo su Repubblica, Flavia Amabile su La Stampa (anche qui) e di Anubi D'Avossa Lussurgiu su Liberazione via Liberacittadinanza.
Ci tengo a precisare una cosa che mi riguarda: io ho un concetto di "sacralità laica" della natura e della vita che mi fa considerare vita umana quella che nasce già al concepimento, perché si innesca un processo che -salvo interferenze esterne o difetti genetici- porterà inevitabilmente alla nascita di un essere umano.
Tuttavia sono un uomo, e non potrò mai capire cosa prova una donna che concepisce, insieme ad un uomo o per altre vie, un essere, sostiene la gestazione nel proprio corpo e infine affronta il parto; non potrò mai sapere il dolore di certe condizioni come una gravidanza non voluta e la sofferenza che possono comportare certe scelte. Per questo nonostante la mia idea di vita -o forse proprio per quella- non mi sognerei mai di pretendere di entrare in scelte così difficili, che pertanto ritengo debbano essere lasciate esclusivamente alla donna. La quale, possibilmente, deve essere supportata e affiancata, in questa scelta, non colpevolizzata o peggio.

Per questo riporto volentieri, condividendolo, questo appello del collettivo femminista Maista@zitt@:

Obiettiamo gli obiettori!

Di fronte agli attacchi sempre più pesanti all'autodeterminazione delle donne non si può più rispondere semplicemente invocando la difesa della 194.
Le scellerate dichiarazioni degli antiabortisti in queste ultime settimane rendono ancor più evidente il potere sulla sfera della riproduzione (e, più in generale, su quella della salute) che la classe medica può esercitare, coadiuvata anche dall'articolo 9 della legge 194 che prevede per il personale sanitario la possibilità dell'obiezione di coscienza ­ possibilità contemplata unicamente rispetto all'interruzione di gravidanza: in nessun altro ambito medico né in altra professione vale questa opzione.
Per riaffermare con efficacia il nostro diritto di autodeterminazione dovremmo, quindi, ripartire proprio dal nodo dell'obiezione di coscienza, da questa "opzione", riconosciuta per legge, secondo cui alle scelte e ai problemi di sofferenza delle donne (perché abortire è una scelta sofferta) il personale medico-sanitario può anteporre i suoi "problemi di coscienza", la sua visione della vita ­ in poche parole, in nome della propria "coscienza" può opprimere il soggetto a cui deve assistenza.
Gli effetti di ciò sono sotto gli occhi di tutte: oggi abortire è diventato quasi impossibile e le donne stanno ritornando a pratiche clandestine per l'interruzione di gravidanza; l'arroganza degli obiettori è immensa, e nei reparti il personale che non vuole adeguarsi ai diktat dei primari obiettori ha vita dura; perfino l'accesso alle scuole di specializzazione in ostetricia e ginecologia è sempre più vincolato all'"atto di fede" dell'obiezione di coscienza. Chi si adegua ha una strada privilegiata per far carriera; chi invece non obietta è costretta/o a impiegare la maggior parte del proprio tempo a praticare aborti per sopperire alla scarsità di personale non obiettore. Per non parlare, poi, della cospicua fetta di finanziamenti pubblici destinata agli ospedali cattolici in cui non è riconosciuta la possibilità dell'interruzione di gravidanza.
Se una cattiva legge permette, attraverso l'obiezione, di calpestare i diritti individuali, anche le/i cittadine/i hanno diritto di sapere chi sono coloro che le/i curano e di scegliere da chi farsi curare: che fiducia si può avere in quel/la ginecologo/a che costringe a inutili sofferenze in nome delle proprie convinzioni morali, pensando di aver dei diritti sul corpo dell'altra?
Crediamo sia arrivato il momento non solo di rivendicare dei diritti ma anche di praticarli.

"Obiettiamo gli obiettori" significa che esercitiamo il diritto di scegliere da chi farci curare, pretendendo un rapporto di fiducia, trasparenza e assunzione di responsabilità con la persona a cui affidiamo la nostra salute. Significa, quindi, pretendere dalle Asl, dai Consultori e dagli Ospedali l'elenco del personale medico-sanitario che pratica l'obiezione di coscienza. Alle donne che intendono difendere e affermare il diritto all'autodeterminazione proponiamo di:

costituirci come soggetti politici che esigono la pubblicizzazione e l'affissione pubblica negli ospedali e nei consultori delle liste del personale sanitario che fa obiezione;

cominciare a raccogliere città per città, ospedale per ospedale, consultorio per consultorio tutte le informazioni che già si hanno, facendo una prima lista dei nominativi che si posseggono;

promuovere il boicottaggio in toto di tutti i reparti e di tutte le prestazioni (analisi del sangue, visite, ecc) degli ospedali in cui ci sono più obiettori;

creare un sito dedicato a questo dove raccogliere informazioni.

Sappiamo bene che in nome di "sacri principi" vengono compiuti i più grandi crimini della storia, la violazione dei più elementari diritti umani. Hannah Arendt ci ha insegnato che "Il male appare banale e proprio per questo ancora più terribile: perché i suoi più o meno consapevoli servitori, altro non sono che dei piccoli, grigi burocrati, simili in tutto e per tutto al nostro vicino di casa".
Difendere la nostra autodeterminazione dai "burocrati del male" significa diventare protagoniste nell'esercizio e la difesa dei nostri diritti. Smantellare il sistema che si è creato intorno all'obiezione di coscienza, significa smantellare un sistema che alimenta e legittima gran parte degli attacchi contro l'autodeterminazione dei nostri corpi e delle nostre vite. Sta a noi donne determinare un grande risveglio prendendo coscienza della vastità dell'abuso subito e impedire che si ripeta, rimpadronendoci di un sapere e di pratiche che ci mettano in grado di opporci agli abusi e di chiederne conto.
Collettivo femminista Maistat@zitt@
NB: l'immagine che ho scelto per l'apertura di questo post è volutamente provocatoria: il corteo cattofascista di cui sopra pretende di intervenire in difesa dei soggetti più deboli; bene, allora dovremmo cominciare dalle loro vittime...

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