Ma solo per il momento. L’emendamento al decreto legge sulla sicurezza, all’esame di Palazzo Madama, che qualificava le prostitute come “soggetti pericolosi per la sicurezza e la pubblica moralità” e per questa ragione prevedeva l’ immediato allontanamento dall’Italia, viene dirottato nel disegno di legge.
”Lo sconcio dello spettacolo di donne e uomini nudi per strada, magari davanti agli occhi dei bambini, e poi la mattina i preservativi per terra… Una vergogna che deve finire e che troverà soluzione nel ddl sulla sicurezza. Ora il mio emendamento passa dal decreto al disegno di legge, ma è un bene, perchè così si potrà approfondire l’argomento e trovare soluzioni definitive”.
Questo lo sbotto, quasi risentito, del presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli (An-Pdl) a conferma della decisione presa dal ministro Angelino Alfano e Roberto Maroni.
A quanto pare uno dei problemi “vitali” del nostro paese è diventata la prostituzione.
Tutti avanzano soluzioni drastiche atte a cancellare uno dei mestieri più antichi del mondo, avendo tutti la consapevolezza piena che questa è una mission impossibile.
Se invece di essere in Italia fossimo in uno Stato completamente laico e tollerante, la cosa verrebbe risolta con soluzioni razionali, come quelle olandesi e tedesche. Ma ci troviamo in Italia, in uno Stato sempre meno laico sotto il crescente influsso confessionale. Uno Stato, in cui, tra l’altro, non c’è mai stata una propensione a trattare con lucidità temi a carattere sessuale.
Quello che sta succedendo lascia presagire la possibilità che si arrivi ad una “regolamentazione” ispirata da una parte da principi xenofobi, dall’altra da personalissimi principi morali, per lo più di stampo cattolico.
Sorvoliamo sul fatto che la legge italiana non annovera fra i reati quello della prostituzione e il ricorso al Tar vinto da una giovane prostituta del Comune di Lonate Pozzolo ne dà conferma. Il Tar ha infatti sentenziato che
“L’esercizio della prostituzione non è di sè attività delittuosa”.
Ma l’idea di dare il famoso “foglio di via” ad una prostituta rimanda al tema dell’intolleranza. Se si considerasse la prostituzione come un lavoro e la si regolamentasse come tale, la questione “prostitute straniere” si ridurrebbe alla concessione del permesso di soggiorno per lavoro.
Le prostitute sono “soggetti pericolosi per la sicurezza e la pubblica moralità”, così recitava l’emendamento. Soggetti pericolosi per chi? La questione “prostituzione straniera” è davvero una questione di ordine pubblico, ovvero di criminalità? L’aspetto criminale è così prevalente da giustificare una generalizzata politica unicamente repressiva?
Questo lavoro mette a rischio solo l’incolumità delle prostitute stesse. Il vero problema da combattere è il fenomeno della prostituzione coatta: eliminare lo schiavismo, mettere gli sfruttatori in condizioni di non nuocere sia direttamente sia indirettamente alle prostitute: è su questo che bisognerebbe porre l’accento.
Invece, siamo in Italia, per cui la prostituta è un pericolo per la sicurezza e la “pubblica moralità”. Così Gianni Alemanno, il sindaco di Roma, si affretta a pontificare: “La prostituzione in strada deve essere considerata un reato”.E, non contento, continua “Se una povera disgraziata ha deciso di rovinarsi la vita facendo la prostituta, si affitti un appartamento e faccia quello che vuole…”.
Il che significa un bel balzo indietro nel tempo di oltre 50 anni. Si torna alla situazione pre-Merlin, cioè, alla riapertura dei bordelli.
Non si parla più di regolamentare o di prostituzione autoregolamentata, perché, oggi, diventa fondamentale che la donna non si venda seminuda in strada, a tutte le ore del giorno e della notte, mettendo in imbarazzo le caste famiglie borghesi: diventa questo il motivo per cui la prostituzione “Deve tornare a essere un reato”, come afferma Alemanno.
Ma la prostituzione può essere davvero considerata un reato?
E qui si torna a quella “pseudo morale” tutta cattolica per cui le uniche vere colpe sono quelle che riguardano la sfera del sesso. Rubare, mentire, corrompere, violare qualsiasi regola della società umana sono colpe veniali, salvo che si tratti di sesso. E avere un rapporto sessuale mercenario diventa gravissimo.
Certo qualcuno potrà obiettare che catechismi, bolle ed encicliche sottolineano la gravità degli altri peccati, ma nei fatti e nei comportamenti della gerarchia cattolica così come dei suoi fedeli seguaci, risulta evidentissimo che il sesso e solo il sesso è il “peccato” per eccellenza.
La prostituzione, di conseguenza, viene considerata come un’attività estremamente immorale e degradante.
Questa visione del sesso come una cosa sporca e peccaminosa, non riconosciuto come bisogno fisiologico al pari del bere, del mangiare del respirare, questo modo di proibire qualunque modalità di espressione di tale esigenza che non sia l’attività sessuale con il coniuge legale, purché principalmente finalizzata alla riproduzione, paradossalmente, rende ancora più necessario e indispensabile il ruolo della prostituta.
E non solo per il richiamo irresistibile del “piacere del proibito”. Sono spesso, e soprattutto, i fedeli che ricorrono alle prostitute.
Se non sono ancora sposati non possono praticare legalmente il sesso con le fidanzate, perché queste, invocando una giustificazione religiosa, si rendono indisponibili. Gli uomini sposati, a loro volta, evidentemente trovano difficoltà anche nell’ambito della vita di coppia legalizzata, perché rapporti orali o altre pratiche finalizzate solo al piacere non possono essere chieste alla “casta” madre dei loro figli e tra l’altro, non sono autorizzati a fare sesso se non per avere figli. L’autentico devoto, poi, non cerca avventure fuori la coppia perché anche questo è “peccato
Ma su questi peccatori, pentiti subito dopo l’orgasmo, alla ricerca di assoluzione (almeno fino alla prossima “trasgressiva” scappatella), il Vaticano, non si accontenta di porre la mano del perdono divino, ma invoca anche norme punitive.
Anche i clienti delle prostitute per la chiesa finiscono per alimentare indirettamente il “mercato del sesso” e dunque il racket della prostituzione.
Il documento conclusivo del convegno sulla prostituzione organizzato dal Pontificio Consiglio dei Migranti ed Itineranti, parla chiaro. Gli esperti cattolici, missionari, sacerdoti, vescovi, suore, psicologi, chiamati dal cardinale Fumio Hamao ad analizzare a 360 gradi il fenomeno, in un passo del testo scrivono: “Il cliente deve ricevere qualcosa di più di una condanna sociale ed affrontare il pieno rigore della legge“.
Gli esponenti cattolici si mostrano orgogliosi delle loro iniziative contro i clienti delle prostitute.
Ma anche questa non è altro che un’ulteriore prova della loro ossessione per il sesso. Un’ossessione costante che ha portato la Chiesa all’eliminazione di tutte le donne che padroneggiavano l’energia sessuale-spirituale, come le donne di potere dei culti della Madre Terra che furono sterminate con l’accusa di essere streghe.
Un’ossessione che denuncia, ove mai ve ne fosse bisogno, la grave responsabilità che la chiesa ha avuto e continua ad avere nei processi sociali e politici praticando una religione ultra maschilista, che attraverso i Vangeli, ha fondato il principio che la donna può essere legittimata ad esistere o acquisire dignità solo come essere spirituale e soltanto se asessuata, come la Madonna, vergine, oppure se devotamente al servizio di un maschio-marito.
Una donna alla quale è concesso di compiere un percorso spirituale, ma solo nella castità perché solo così evita di esercitare il potere sessuale, e soltanto in ruoli subalterni e lontano dall’esercizio di rituali sacri.
E se a questo aggiungiamo che chi si rivolge ad una prostituta può essere diversamente abile, con problemi fisici o psicologici che possono impedire, nella pratica, di avere quei momenti di gioia di cui, con diritto, godono gli altri esseri umani, la professione della prostituta assume un aspetto caritatevole; se si tiene conto del fatto che in genere ciò accomuna molti clienti delle prostitute è una forma di debolezza, che impedisce loro di praticare il sesso in forma non mercenaria, si capisce bene che perseguire prostitute e clienti significa mostrare nessuna “compassione” e colpire persone già deboli è sempre un atteggiamento vile e spregevole che non ha nulla di “cristiano”.
Quale sia la motivazione che spinge una donna ad intraprendere questa strada, se lo fa per libera scelta, non fa altro che esercitare un suo diritto.
Di cosa può essere ritenuta colpevole? Mette a disposizione il suo corpo in cambio di denaro. E allora? Lo scienziato mette a disposizione il suo cervello per danaro.
L’operaio le sue braccia, il chirurgo le sue mani. Facciamo i razzisti con le parti del corpo? E se si controbatte che le parti utilizzate dalla prostituta per esercitare la sua professione sono le parti cosiddette intime, cosa c’è di più intimo e privato di un cervello?
E chi prende mazzette, chi si inchina ai potenti, chi bacia gli anelli in segno di sottomissione non si prostituisce?
Chi chiede favori ed intercessioni, chi assume sempre una posizione a 90° nella vita per fare carriera è meno colpevole di una prostituta che lavora onestamente con il suo corpo?
Ai sessuofobi della chiesa bisognerebbe spiegare che in base ai basilari principi dell’etica una persona non può essere trattata come un mezzo e non è una cosa.
Non è immorale fornire prestazioni sessuali è immorale lo sfruttamento, la violenza.
Una donna o un uomo, perché esiste anche una prostituzione maschile, che si concede per denaro ma in assenza di costrizioni e di violenza, sceglie di farlo esercitando il diritto all’autodeterminazione.
Si tratta di una questione privata tra lei/lui e il cliente e come tale va rispettata.
Il fenomeno della prostituzione non necessita di misure coercitive ma solo di una regolamentazione atta a dare dignità a questo lavoro e a chi lo esercita, a tutelare la vita delle lavoratrici e a combattere lo sfruttamento e la tratta delle donne.
Concentrare l’attenzione sulla “immoralità” del fenomeno della prostituzione e sui clienti proponendo soluzioni non ponderate e razionali e, perciò, non finalizzate a risolvere il problema ma a far passare per “cosa buona e giusta” un confessionale perbenismo sessuofobico è solo l’ennesima prova che la chiesa, se trova la classe politica giusta, può affermare il suo potere. Ed è questo il solo vero “pericolo pubblico” da scongiurare e combattere.